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Incentivo Occupazione Neet 2019

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L’Anpal, con d.d. n. 581/2018,  ha disposto la proroga del termine per usufruire dell’incentivo Occupazione NEET 2019.

L’incentivo Occupazione Neet si aggiunge al vasto repertorio di strumenti che il datore di lavoro ha a disposizione al fine di ridurre o abbattere il costo del lavoro. Torna utile ricordare, che l’incentivo in esame ha il preciso obiettivo di favorire il miglioramento dei livelli occupazionali dei giovani dai 16 ai 29 anni di età che non siano inseriti in un percorso di studio o formazione.

La proroga dell’incentivo Occupazione Neet 2019 comporta quindi la possibilità di accedervi anche per le assunzioni effettuate dal 1° gennaio al 31 dicembre 2019.

L’incentivo è pari alla contribuzione previdenziale Inps a carico datore – con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL – per un importo massimo di 8.060,00 euro su base annua e per la durata massimo di un anno.

I soggetti beneficiari sono tutti i datori di lavoro privati, anche non imprenditori, che, senza esservi tenuti, assumano giovani aderenti al Programma “Garanzia Giovani”.

Possono registrarsi al Programma i giovani di età compresa tra i 16 e i 29 anni cosiddetti NEET (Not Education, Employment or Training), cioè non inseriti in un percorso di studi o formazione, in conformità con quanto previsto dall’articolo 16 del Regolamento (UE) 1304/13.

L’agevolazione spetta per le assunzioni effettuate nell’intero territorio nazionale, a esclusione di quelle che abbiano come sede di lavoro la Provincia Autonoma di Bolzano.

Sono incentivabili le assunzioni a tempo indeterminato – anche a scopo di somministrazione – nonché i rapporti di apprendistato professionalizzante; l’incentivo è riconoscibile, altresì, per i rapporti di lavoro subordinato instaurati in attuazione del vincolo associativo con una cooperativa di lavoro.

Analogamente, l’agevolazione non può essere riconosciuta nelle ipotesi di trasformazione a tempo indeterminato di rapporti a termine. Ciò perché, nelle ipotesi di trasformazione il giovane non avrebbe il requisito fondante il beneficio ovvero la condizione di NEET prima illustrata.

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Dott. Francesco De Santo

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Incentivo Occupazione Mezzogiorno 2019

La legge di Bilancio 2019 – legge n. 145/2018 – all’articolo 1 comma 247 ha previsto il rifinanziamento dell’Incentivo Occupazione Mezzogiorno 2019.

Tale comma prevede essenzialmente una riproposizione di quanto già previsto dalla precedente legge di Bilancio, dunque senza alcuna sostanziale novità il legislatore ha riproposto, mediante lo stanziamento di 500 milioni di euro,  l’ Incentivo Occupazione Mezzogiorno 2019.

Per le imprese e il tessuto economico, questa proroga è da salutare positivamente, in quanto concretizza per un ulteriore anno, uno strumento che ha permesso a migliaia aziende di assumere personale con una drastica riduzione del costo del lavoro.

Ricordiamo infatti che il beneficio contributivo offerto dall’Incentivo Occupazione Mezzogiorno 2019 consiste nello sgravio totale dei contributi a carico ditta fino ad un massimo di 8.060,00 € per 1 anno dalla data di assunzione del lavoratore o trasformazione del precedente contratto a tempo determinato.

L’Incentivo Occupazione Mezzogiorno è rivolto alle imprese che assumono:

  • Giovani fino ai 35 anni di età
  • Soggetti disoccupati di età maggiore ai 35 anni di età purché privi di impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi.

Al fine di beneficiare dell’Incentivo Occupazione Mezzogiorno 2019 le imprese dovranno operare assunzioni nelle loro unità produttive ubicate nelle seguenti regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia

I rapporti agevolati devono avere la forma dei Contratti di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti.

Ai fini dell’ammissione all’incentivo le imprese nei 6 mesi precedenti non devono aver avuto un rapporto di lavoro subordinato con il lavoratore da assumere tranne le ipotesi di trasformazione dei contratti a tempo determinato.

L’agevolazione attribuita dall’Inps a titolo di Incentivo Occupazione Mezzogiorno è soggetta alle regole del De Minimis ovvero l’aiuto economico accordato rientra nel tetto dei 200.000,00  € di aiuti di stato che l’impresa può ricevere a tale titolo negli ultimi 3 anni.

 

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Riduzione Costo del lavoro Commercianti e Pubblici Esercizi

La riduzione del costo del lavoro per le piccole e medie imprese, non deve essere perseguita solo con gli incentivi una tantum ma come abbiamo detto più volte, va costruita anche mediante la sommatoria di una serie di elementi di carattere strutturale che seppure appaiono di “modesta entità” qualora presi singolarmente,  in sommatoria vanno a realizzare una importante riduzione del costo del lavoro.

Tra questi elementi sicuramente un ruolo fondamentale è giocato dalla riduzione del c.d. contributo cuaf che beneficia i datori di lavoro siano essi  imprese o società che esercitano una delle seguenti attività: “Commercio all’ingrosso, Intermediari del Commercio, Agenti e Rappresentanti di Commercio, Commercio al dettaglio, Commercio ambulante, Gestori di Bar aziendali, di Pubblici Esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande, di attività ricettive” e i cui titolari o legali rappresentanti siano iscritti alla gestione commercianti Inps ovvero pagano i contributi personali all’Inps (anche se non sono in regola con il pagamento dei contributi stessi).

La riduzione del contributo Cuaf pari al 2,05% viene riconosciuta o in sede di inquadramento previdenziale mediante l’attribuzione sulla matricola aziendale del codice di Autorizzazione 3V oppure si può richiedere anche successivamente qualora il titolare o legale rappresentante della ditta o della società si siano successivamente iscritti alla gestione commercianti Inps.

Cerchiamo di capire con un’esempio pratico l’entità di risparmio economico del costo del lavoro.

Si ipotizza un dipendente del settore del commercio o pubblici esercizi (bar, ristoranti ecc.) che ha una retribuzione lorda mensile pari a 1.200,00 €.

Qualora si applicano le normali aliquote contributive il datore di lavoro andrà a pagare mensilmente su di lui il 38,17% di contributi per una cifra mensile pari a 458,04 € per un totale annuale (14 mensilità) di 6.412,56 €, qualora si applica tale riduzione del 2,05% l’aliquota da applicare al rapporto di lavoro sarà di  36,12% e pertanto avremo un costo del lavoro mensile pari a 433,44 € per un totale annuale (14 mensilità) di 6.068,16 €.

Datori di lavoro con normale aliquota contributiva Datore di lavoro con riduzione contributo Cuaf
38,17% 36,12%
Contributi Annui 6.412,56 € Contributi annui con riduzione Cuaf 6.086,16 €

La riduzione annuale del costo del lavoro che si avrà con questo semplice strumento è pari a 344,44 € annui  ma  se mettiamo il caso che la ditta abbia 2 o 3 dipendenti il risparmio può arrivare anche fino a 1.033,32 €.

Ripeto la cifra sicuramente non è elevata ma se inquadrata in un piano strutturato di rivisitazione e riduzione del costo del lavoro ritengo che non si può non tenere conto di questo importante strumento nel raggiungimento del nostro obiettivo principale.

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Tfr al Fondo Pensione

Il lavoratore dipendente ha diritto al termine del rapporto di lavoro all’erogazione del Trattamento di Fine Rapporto meglio conosciuto come “Tfr”.

Il Tfr è una forma di retribuzione differita, ovvero una retribuzione che matura durante il rapporto di lavoro ma la cui erogazione, avviene solo in occasione della cessazione dello stesso. Il legislatore ha previsto poi eventuali possibilità per il lavoratore di chiedere degli acconti o anticipi solo qualora si verifichino determinate condizioni come ad esempio: acquisto o ristrutturazione prima casa, spese sanitarie ecc. Fino a giugno 2018 invece esisteva la possibilità per il lavoratore di beneficiare del Trattamento di Fine rapporto lavoro direttamente in busta paga in rate mensili c.d. “Quir”.

Il Trattamento di fine rapporto tuttavia oltre ad essere accantonato dal datore di lavoro mese per mese e poi erogato all’atto di cessazione del rapporto di lavoro stesso, può anche a scelta del lavoratore essere destinato ad un Fondo pensione o di previdenza complementare, così facendo il lavoratore all’atto di accesso alla pensione beneficerà di una pensione integrativa a quella pubblica (il c.d. Secondo Pilastro) che ha lo scopo di garantire al lavoratore un livello di vita, una volta in pensione, almeno pari a quello che conduceva quando lavorava.

Passando al costo del lavoro per quel che ci interessa, la scelta di aderire o meno da parte del lavoratore a un Fondo pensione è libera tuttavia, molti datori di lavoro “caldeggiano” il lavoratore a destinare il proprio Tfr a un Fondo pensione, facendo leva nel mostrare i vantaggi fiscali che il lavoratore ha nel destinare il proprio Tfr ad un Fondo pensione. I motivi che l’impresa ha nel “consigliare” il dipendente di versare il proprio Tfr ad un Fondo pensione sono essenzialmente due.

Il primo con l’adesione del lavoratore, l’azienda senza “grande fatica” destina mese per mese il Tfr del lavoratore ad un fondo pensione e quindi accumulando pian piano i soldi del Tfr non avrà problemi alla fine del rapporto di lavoro ad erogare il Tfr ai dipendenti. Questo vale sopratutto per le aziende che hanno in organico dipendenti da diversi anni, sicuramente a fine rapporto quest’ultimi avranno accumulato un buon importo di Tfr e pertanto l’azienda si troverà ad erogare ingenti somme ai lavoratori. Tuttavia, se questo viene destinato mese per mese ad un fondo pensione l’azienda avrà un problema in meno in futuro, in quanto il Tfr è già pronto e non dovrà ricorrere a faticosi esborsi economici.

Il secondo motivo è che con la destinazione del Tfr ad un fondo pensione di previdenza complementare l’azienda si troverà a risparmiare il 0,48 % di contributi Inps mensili del lavoratore dipendente Questo perché, quando il datore di lavoro paga i contributi all’Inps, paga anche il Fondo di garanzia del Tfr Inps, istituto che interviene nel caso in cui il datore di lavoro sia insolvente nel pagare il Tfr al lavoratore. Visto che il Tfr viene destinato ad un fondo pensione o di previdenza complementare, la ragione di pagare il contributo al Fondo di garanzia Tfr dell’Inps viene meno e pertanto il datore di lavoro si troverà a beneficiare di questo risparmio contributivo.

Il risparmio contributivo sicuramente non è elevato, ma se magari l’azienda dispone di tanti dipendenti questo risparmio costituisce sicuramente una voce da tenere in considerazione ma soprattutto, quello che si deve capire è che il risparmio del costo del lavoro non si raggiunge con un unico strumento ma con la sommatoria di una serie di interventi messi in campo dal Consulente del lavoro che hanno il compito di ridurre o abbattere drasticamente il costo del lavoro per liberare nell’impresa e sul mercato quelle risorse che sembravano bloccate e certamente, in un piano complessivo di riduzione del costo del lavoro, destinare il Tfr a Fondi pensione rappresenta un tassello utile al complessivo progetto di riduzione del costo del lavoro.

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